L’intervista di Elvira si rivela un passo importantissimo per comprendere il suo lavoro di artista nel contesto di un inesauribile percorso di ricerca.
- Ciao Elvira, come stai?
Ciao! Molto bene grazie
- Puoi dirci quando hai iniziato ad appassionarti all’arte per la prima volta?
Certo! Ricordo di essere stata molto giovane, probabilmente intorno ai cinque anni. Avevo appena iniziato ad andare a scuola ma era a casa dove la mia creatività si sviluppava al meglio. Devo ammettere di essere stata fortuna, avendo avuto un papà pittore, non è stato difficile seguire questa passione perché mi ha incoraggiata ed ispirata molto. Anche se all’epoca lo vivevo come un gioco, ero già consapevole dell’importanza di questa passione e che sarebbe poi diventata il mio lavoro.
- Chi erano i tuoi artisti preferiti quando eri piccola? Chi ti ha influenzato ed ispirato di più?
Ricordo che quando ero bambina cercavo di ricreare le opere dei grandi maestri della storia dell’arte. La mia casa (...) era piena di libri e riviste di esibizioni, mostre o biografie di artisti. Uno dei primi dipinti che provai a replicare fu “Adamo e Eva” di Albrecht Dürer, ne ero affascinata!
Credo di essere stata influenzata da un mix di cose: tutti i libri che avevo in casa, vedere mio padre lavorare nel suo studio e vivere circondata da cosi tante opere mi ha aperto un mondo (...). Anche mia madre ha avuto una grande influenza in questi anni trasmettendomi l'amore per la cultura e la letteratura. Penso che artisti come Picasso, Zóbel, Tápies o Saura siano quelli che più mi sono rimasti impressi, perché ognuno di loro aveva un modo molto interessante di vedere il mondo. Inoltre, sono una storica dell’arte, quindi ho avuto il privilegio di studiare diversi periodi artistici (…) e ho sviluppato una passione per l'arte iberica. Sono anche un amante dell'archeologia!
- Hai mosso i tuoi primi passi nel mondo dell'arte attraverso la fotografia. Quando ti sei avvicinata a questo mondo?
Dopo aver terminato la mia laurea a Valencia, in Spagna, mi sono trasferita a Londra per studiare il mondo delle gallerie. Ho avuto la grande opportunità di lavorare alla Stair Sainty Gallery […] ed essere quotidianamente circondata da Delacroix, Monet e altri grandi nomi. In una galleria lì vicino, ho scoperto il lavoro di LaChapelle, fotografo che da sempre mi incuriosiva e i cui lavori sembravano innovativi per il modo in cui vedeva la fotografia: utilizzava colori pop, ambientazioni e personaggi bizzarri. Quando ero adolescente volevo avere una macchina fotografica, quindi, una volta che ho avuto l'opportunità di vivere Londra e di scoprire altri stili fotografici, mi sono incoraggiata a comprarne una.
Stavo passeggiando per la città (…) e, in una vetrina, ho notato un modello di macchina fotografica molto semplice ed economica, ricordo che costava circa 200 sterline. Da li ho iniziato a sperimentare, giocando con la luce e creando scenari che lasciassero volare la mia immaginazione. Quando tornai a Valencia, sapevo di voler fare la fotografa.
- Uno dei tuoi temi ricorrenti è il ritratto, sia di te stessa che di altri soggetti. Com’è iniziato questo progetto?
E stato un mix tra ricerca e casualità. Stavo cercando uno stile fotografico che fosse riconoscibile e che mi rappresentasse (…). Ho provato diversi stili, fatto molti errori e molte volte sono ritornata al punto di partenza. Ho lavorato come assistente fotografa per alcune riviste di moda realizzando shoots fotografici con delle modelle e questo mi ha fatto capire che potevo fare delle prove su me stessa. Ho iniziato un progetto di autoritratti sia all’aperto che in ambientazioni che ho ricreato nel mio salotto... mi ha fatto diventare matta! Ma mi sono anche divertita. Finalmente ho avuto la mia ricompensa nel 2020 (...) quando ho trovato il mix perfetto tra l'autoritratto, la fotografia e i dipinti che mi hanno accompagnata per tutta la mia vita. Il progetto “Faces Project” (...) mi dà molta soddisfazione perché ho la possibilità di immortalare le persone e creare un nuovo stile di ritratto artistico: spero di lasciare un'eredità artistica riconoscibile.
- Le tue opere ti rispecchiano? Ti senti colorata come loro?
Si. Sento che le mie opere sono parte di me (…) e in ogni opera si percepisce la mia personalità. Credo che gli occhi di una persona siano rivelatori e dicano molto della sua anima. Il colore è sempre stato un elemento fondamentale nella storia dell’arte (…) in grado di comunicare diverse sensazioni: i colori brillanti comunicano gioia, i colori spenti comunicano un senso di melanconia o tristezza. Io gioco con questa contrapposizione, riuscendo a dipingere il mio viso con colori brillanti nonostante sia nel mezzo di un periodo complesso di vita. La mia vita, come quella di chiunque, ha alti e bassi, ma i miei lavori cercheranno sempre di far riflettere .
- Com'è il rapporto tra la rappresentazione di te stessa nei tuoi « faces project » e la tua crescita personale? Pensi che continuerai a farlo per tutta la vita in modo che i tuoi ritratti invecchino con te?
Sì: l'idea iniziale di Faces Project era quella di realizzare un autoritratto fotografico che durasse per tutta la vita, amo vedere l'evoluzione sia del mio viso che della mia pittura nel corso degli anni. Il mio rapporto con questo progetto diventa ogni giorno più serio: sto arrivando a conoscere un po' di più me stessa e mi scontro con i miei limiti e, soprattutto, mi sono accorta che queste opere sono un'indagine costante. Ad esempio, ho incorporato elementi esterni e toni che prima non usavo, come l'oro e l'argento.
- Hai bisogno di passare qualche tempo con il soggetto che ritrai?
Si, cerco sempre di passare qualche minuto insieme alla persona che ritraggo. Mentre scelgo i colori, cerco di pensare a cosa si abbini al soggetto. Anche se inizio sempre con un’idea chiara, finisco per modificarla in corso d’opera e mi lascio prendere dalla creatività (…) il risultato finale è sempre un mistero sia per me che per la persona ritratta ! In questo rituale in cui entrambi ci conosciamo e ci lasciamo trasportare dall’energia, siamo come avvolti in un vortice di creatività.
- Le persone hanno la possibilità di scegliere i colori con cui li dipingi?
Tendenzialmente non li scelgono, preferiscono che sia io a scegliere che colore usare e lasciano libero spazio alla mia creatività. Naturalmente mi fa piacere, ma sento anche la pressione di scegliere dei colori che li rappresentino, creando un pezzo che gli piaccia e che li soddisfi. A volte qualcuno mi chiede di usare il suo colore preferito, altre volte hanno visto un mio ritratto precedente e chiedono di poter avere una riproduzione. Questo mi rassicura ma allo stesso tempo sono preoccupata di riuscire a soddisfare le loro aspettative (…) e non riesco a fare fluire la creatività come vorrei.
- Perché pensi che i tuoi ritratti siano il pezzo d’arte must have ?
Gli autoritratti e i ritratti sono sempre esistiti. I grandi maestri del passato si dipingevano e a loro volta realizzavano ritratti dei loro amici e familiari (...). Con l'arrivo della fotografia, le famiglie benestanti si fecero ritrarre sempre più spesso in modo da lasciare un ricordo alle generazioni future. La percezione dei ritratti in ambito artistico è cambiata anche grazie a Cindy Sherman (…) le cui opere mi hanno influenzato molto. Scattare un autoritratto o ritrarre altre persone è un processo che ci permette di tornare indietro nel tempo ed è un modo per immortalare qualcuno per sempre. Nel mio caso però, i miei ritratti non si rifanno alla classica fotografia, perché le mie opere sono qualcosa che fino ad ora non si era ancora visto: io cerco di indagare l'anima della persona e, in un certo modo, di smascherarla. È un opera d'arte speciale che senza dubbio non lascerà nessuno indifferente (…). Per me è molto importante immortalare le persone con un ritratto perché racconto una storia di vita personale. Oggi è il nono anniversario del mio primo autoritratto , ed è molto gratificante per me vedere l’evoluzione di questo percorso e per i clienti, che ora scommettono nel mio lavoro acquistando un ritratto, sarà interessante possederne uno attuale una volta che avrò aggiunto i sessanta, settanta e spero ottanta anni, come un gioiello senza tempo che racconta la storia di un progetto permanente.
- Hai fatto anche qualche ritratto a delle celebrità. Ti va di dirci di più ?
Certo. È un processo lento ma costante che ho iniziato quest’anno. Ho una lunga lista di personaggi importanti della scena spagnola con cui sono in contatto per creare altri ritratti, ad esempio attori e attrici, registi, presentatori televisivi, scrittori... Tutti provenienti da un ambiente culturale legato al mondo dell’arte e pronti a mettersi nelle mie mani. Lo scopo di questo progetto “Faces Project” è quello di avere un grande numero di ritratti famosi in pochi anni e di allestire una mostra itinerante che inizia nella città in cui vivo attualmente, Madrid. (..)
- C’è una celebrità che ti piacerebbe dipingere?
Ne ho davvero molte in mente! Non posso scegliere una in particolare, ma ammiro molto Antonio Banderas and Penélope Cruz.
- I tuoi lavori sono apprezzati internazionalmente. Dove ti piacerebbe avere più visibilità?
Vorrei uscire dalla mia confort zone e provare a lavorare di più negli Stati Uniti.
- Sei anche una scultrice! Qual è la relazione tra la tua arte e le sculture?
Non mi considero proprio una scultrice. Uso dei supporti tridimensionali per dare vita a dei dipinti (...). Ci sono delle volte in cui mi piace cambiare medium, ad esempio dipingo sul mio viso al posto che dipingere nelle tele, altre volte uso dei supporti tridimensionali. È una vera sfida per me perché la pittura reagisce in modo diverso a seconda del medium che uso! Devo dire che il mio interesse per la scultura è iniziato molto tempo fa, quando ho voluto ricreare il calco della mia testa e ho fatto numerosissime prove finché non sono arrivata al risultato che volevo (…).
- Uno dei tuoi soggetti preferiti sono i cani, specialmente i French Bulldog. Quale caratteristica ti colpisce di questa razza?
Amo molto gli animali in generale, sono cresciuta circondata da molti animali quando ero bambina ed è per questo che ne sono affascinata. In particolare, amo i French bulldog perché sono bellissimi, mi piacciano sia caratterialmente che esteticamente.
- Quale emozione vorresti che le persone provassero quando guardano i tuoi lavori?
Innanzitutto vorrei che si emozionassero. Ad esempio, mi piace quando faccio delle esibizioni e nessuno mi conosce. Rimango in un angolo e guardo la gente che passa e che, incuriosita, si sofferma suoi miei lavori: molti rimangono pietrificati e tendono ad osservare ogni singolo dettaglio e visto che le fotografie sono molto grandi, l’impatto visivo è molto forte. Vorrei che le persone sentissero «qualcosa» e che questo qualcosa li smuovesse dentro. Vorrei che si sentissero come se non potessero staccarsi dall’opera.
- Qual è il ruolo degli artisti - e il tuo - in questa società?
Per me il ruolo dell'artista è quello raccontare la sua realtà e toccare l'animo delle persone. Esistono tanti tipi di artisti e, quindi, tanti tipi di progetti. Ci sono artisti che si impegnano nella politica, altri che puntano sulla bellezza, altri sulla marginalità. Ognuno di noi ha uno scopo in questa vita e tenta di raggiungerlo con il suo lavoro. Nel mio caso, come ho detto, cerco di rendere migliore la vita delle persone. Recentemente ho conosciuto un uomo che non si era mai interessato all'arte, forse non aveva nemmeno mai preso in considerazione di acquistare un’opera (…). Mi ha detto che a casa sua aveva solo dei quadri decorativi senza molto altro. Poi però, ha conosciuto il mio lavoro e da allora non ha smesso di pensare a quanto sia essenziale avere in casa delle opere che puoi osservare e analizzare quanto vuoi (…). Penso di aver risvegliato in lui qualcosa che non avrebbe mai immaginato. Adoro questa storia.
L’arte è un modo per lasciare un segno per sempre nella psiche delle persone. Ogni giorno, ad esempio, guardo i miei lavori e scopro cose nuove che non avevo mai visto prima: è una vera avventura. Se dovessi liberarmene, la mia vita sarebbe molto più vuota.
- Quali sono i tuoi nuovi progetti?
Vorrei continuare prevalentemente la serie di
Faces Project
. Vorrei però anche indagare la tematica dell’erotismo nell’arte, aggiungendo di conseguenza elementi provocanti alla mie fotografie.
Al momento sto studiando l’evoluzione di questo concetto nel corso dei secoli e di come alcuni oggetti di vita comune possano essere ritenuti erotici senza essere espliciti. Dall’altro lato, vorrei continuare a dipingere celebrità e creare così una sorta di collezione. Ho in mente anche altri progetti, fiere internazionali ed esibizioni programmate per fine anno.
In questi mesi inoltre mi sono documentata molto, studiando e leggendo libri riguardo l’evoluzione dei ritratti nel corso della storia, l’uso e l’importanza del colore nei rituali e nelle maschere.